Identificare i pericoli in emergenza

Pubblicato da webmaster | 08:49


All’arrivo sulla scena dell’incidente il soccorritore deve identificare i pericoli potenzialmente evolutivi (fumo, gas, esalazioni nocive, presenza di conduttori elettrici, instabilità dei veicoli coinvolti, fiamme ecc..) per evitare i rischi connessi all’esercizio delle proprie funzioni tramite la “messa in sicurezza della scena” ove possibile, altrimenti affidandoci ad altre figure professionali. L’autoprotezione del soccorritore include l’utilizzo dei dispositivi di sicurezza.
RICORDIAMOCI SEMPRE CHE IN UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA viene sempre prima la vita del soccorritore

Quindi, prima di iniziare l' ABC (vedi precedenti post), mettere in sicurezza la scena dell'emergenza.


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Chi è il Politraumatizzato?

Pubblicato da webmaster | 08:36


il politraumatizzato è un ferito che presenta lesioni associate a carico di due o più distretti corporei (cranio, rachide, torace, addome, bacino, arti) con eventuale possibili compromissioni delle funzioni respiratorie e/o circolatorie.
Bisogna considerare che il trauma grave:

È la principale causa di morte di morte sotto ai 40 anni

Per ogni decesso, ci sono 2-3 invalidi permanenti

E'la principale causa di perdita della vita lavorativa

Ha un costo sociale enorme, superiore alla spesa per le altre due patologie socialmente invalidanti, quali neoplasie e patologie cardiovascolari.

I DANNI dovuti ad un trauma sono di 2 tipi:

DANNO PRIMARIO: per l’applicazione dell’energia cinetica al corpo o alle parti del corpo della vittima (impatto diretto, decelerazione violenta, ecc..).
Per ridurre questi tipi di danno si deve ricorrere a misure di tipo preventivo (utilizzo di difese passive quali cinture di sicurezza, airbag e riduzione della velocità).
DANNO SECONDARIO: si verifica in una quota rilevante di soggetti in cui l’ipovolemia, l’ipossia, etc. possono aggravare anche irreparabilmente il danno primario (ad esempio: se il capo sbatte violentemente contro un ostacolo può derivarne una lesione cerebrale si parla di danno primario; se il paziente è comatoso e non ventila correttamente l’ipossia e l’ipercapnia che ne derivano aggravano direttamente la lesione iniziale: in questo caso si parla di danno secondario).
Il soccorso preospedaliero ha la finalità di andare a prevenire o limitare tutte quelle situazioni che possono portare ad un danno di tipo secondario.


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Tv Spagnola sul progetto vita di Piacenza

Pubblicato da webmaster | 05:39


Piacenza é la città più “cardioprotetta” d’Europa grazie alla “defibrillazione precoce sul territorio”, eccellenza di prevenzione sanitaria in cui la nostra città si conferma sempre più come modello internazionale da imitare. Nei giorni scorsi una troupe della Televisivo de Catalunya (TV3) è stata ospite dell’Azienda Usl di Piacenza e dell’associazione onlus “Il Cuore di Piacenza” per un sopralluogo esplorativo della “location” in cui l’emittente televisiva ha deciso di realizzare uno “special” sulla prevenzione della morte improvvisa negli atleti e nello sport.
Francesc Romero Truñó, il giornalista autore del documentario che sarà, fra l’altro, irradiato in Eurovisione, metterà a confronto le diverse realtà di quattro Paesi: Spagna, Belgio, Lussemburgo e Italia.
Piacenza è stata scelta in quanto è la prima città europea che ha saputo organizzare un progetto complessivo (il Progetto Vita) di defibrillazione precoce sul territorio.
I redattori della televisione spagnola giunti in avanscoperta a Piacenza hanno intervistato, in relazione ai casi di morte improvvisa nello sport, la dottoressa Daniela Aschieri, in forza alla Cardiologia di Piacenza e presidente dell’associazione “il Cuore di Piacenza”. Nel corso del colloquio è stata così presentata la legislazione italiana in materia di medicina sportiva, che ha permesso negli anni – attraverso le visite mediche necessarie per il rilascio di idoneità all’attività – di ridurre una percentuale di morti precoci. “Rimane però – ha specificato la dottoressa Aschieri – una soglia non prevedibile”. Francesc Romero Truñó ha poi voluto conoscere nel dettaglio i risultati ottenuti sul territorio dall’associazione Il Cuore di Piacenza. “Il segreto del successo e del grande consenso della rete locale – ha spiegato la cardiologa – è derivato probabilmente dal fatto che qui si è insegnata una procedura d’intervento molto semplice. I cittadini coinvolti (Forze dell’Ordine, volontari, etc..) sono chiamati solo a defibrillare, senza eseguire altre manovre come massaggio cardiaco e ventilazione: a questo pensa il personale del 118”.
Il modello sperimentale piacentino è nato nel 1999, quando ancora in Italia non c’era una legislazione specifica sul tema: dopo due anni, i risultati scientifici ottenuti con la sperimentazione locale hanno portato all’approvazione in Parlamento di una normativa ad hoc.
“Il progetto è cresciuto – ha detto l’Aschieri – ma tanto ancora si può fare. In ambito sportivo l’auspicio è che si arrivi ad avere un defibrillatore in ogni impianto”. Sull’esempio di Piacenza altre città italiane (una ventina) hanno organizzato reti territoriali simili, ma con difficoltà: il nostro modello è riproducibile in realtà di pari dimensioni o quartieri di grandi centri urbani e solo se esiste una forte e capillare sensibilizzazione della comunità, iniziativa che noi siamo riusciti a realizzare in anni di costante dedizione”.
“Essenziale – ha aggiunto l’Aschieri – è il ruolo del sistema emergenza urgenza 118, che coordina tutta la rete dei punti di presenza dei defibrillatori e i volontari che sanno utilizzarli. In caso di arresto cardiaco, infatti, due minuti di ritardo possono fare la differenza tra la vita e la morte”.
Da ultimo, l’inviato di Televisivo de Catalunya ha voluto incontrare anche una delle cinquanta persone che possono dire di essere state “resuscitate” a Piacenza grazie al Progetto Vita. Luigi Galletti (salvato nel 2001 mentre era in bicicletta, a Gossolengo, di ritorno da una pedalata amatoriale con un amico) ha così portato la propria preziosa testimonianza, affiancato dalla moglie.
La troupe spagnola, dopo questa visita preliminare informativa (durante la quale ha potuto verificare l’efficienza e l’efficacia del “modello Piacenza”) tornerà il 18,19 e 20 marzo prossimi per effettuare le riprese e le interviste in città e provincia. A guidarla sul set piacentino saranno Giancarlo Bianchi e Salvatore Mancuso rispettivamente vice presidente e consigliere dell’associazione Il Cuore di Piacenza.
Il giornalista spagnolo realizzerà una parte del filmato presso la sede dei Servizi territoriali Ausl di piazzale Milano, per documentare l’attività di medicina sportiva. Luigi Galletti racconterà la sua “rinascita” mentre sarà ripreso nella sua abitazione, nella stazione ferroviaria (suo luogo di lavoro) e nel parco giochi di Gossolengo, luogo in cui gli è stata salvata la vita con il defibrillatore


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Le percentuali di Ossigenoterapia

Pubblicato da webmaster | 15:29


Le percentuali di Ossigeno contenuto nei soffi d'aria espirati dall'uomo o dai diversi strumenti di ventilazione sono da tenere sempre in considerazione, e sono da calcolare nel caso di insufficiente ventilazione o perfusione tessutale.

Aria espirata 15-16%

Aria Ambiente 21%

Maschera Venturi 20-60%

Pallone Ambu 40-50%

Ambu + reservoir 80-90%

Va e Vieni 90-100%

Respiratore 100%



In caso di respiro spontaneo e ausilio della maschera normale di respirazione, va fatto il calcolo:

O2 in AA + (L/m ossigeno x 3)

Ad esempio, nel caso di un paziente con difficoltà respiratoria aiutato con una maschera per l'ossigeno a 8 l/m, avremo come percentuale di Ossigeno inspirato:

21 + ( 8 x 3 )

Totale 45%....

I primi due valori, ci fanno capire di quanto sia importante, per la rianimazione cardiopolmonare, insufflare l'ossigeno dal pallone Ambu in poi.Vogliamo ricordare che la respirazione bocca a bocca, è una manovra di estrema urgenza e che deve essere effettuata SOLO in mancanza di qualsiasi altro presidio di sicurezza o rianimazione.
Esistono in commercio dei portachiavi fatti apposta per eseguire la respirazione in totale sicurezza, certi hanno anche la valvola antireflusso.
Eccone un esempio:











Se volete questi, li potete trovare cliccando qui;
altrimenti ce ne sono tantissimi in giro per la rete.
Mi raccomando volontari: L'ossigeno è una terapia, e come tale va dato solo dopo prescrizione medica o autorizzazione dalla centrale operativa 118!


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Cosa fare quando bisogna defibrillare in ambulanza?

Pubblicato da webmaster | 04:37


Dal forum del sito soccorritori.it, l'utente "konfa", detta il protocollo che devono adottare i BLSD esecutori certificati dalla centrale operativa 118 di Milano.
Pensiamo che sia buona e applicabile a livello nazionale.

Il protocollo in caso di necessità di rianimazione improvvisa recita:

1)L'Autista arresta la marcia del mezzo e spegne il motore

2)Si inizia il protocollo DAE ...valutazione stato coscienza

3) si dispone preparazione del DAE

4)si estende, esplora, posiziona canula, GAS
ventilazioni

5) Si Controlla polso e si ricerca segni circolo Mo.To.Re.

6) Si passa al posizionamento piastre

7) L'autista chiama la Centrale e da le info del caso...

8)Si posizionamento piastre

9)AVVIO ANALISI (procedura ACC Testimoniato)

10)Si avvisa la CO del risultato analisi

se Shoch indicato si procede all'erogazione della scarica.

Se non invio MSA o ELI
si spegne il DAE e si riparte alla volta dell'Ospedale.

Quindi sull' MSB si defibrilla.... ovviamente sempre e comunque badando alla
sicurezza della scena.

Se invece il PZ và in ACC mentre l'H è in vista.... nulla; si prosegue e si
raggiunge il PS.


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Defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD)

Pubblicato da webmaster | 08:07


Definizione di morte cardiaca improvvisa
La morte cardiaca improvvisa (MCI) consiste in una morte naturale, preceduta da perdita
improvvisa della conoscenza che si verifica entro 1 ora dall’inizio dei sintomi, in soggetti con o
senza cardiopatia nota preesistente, ma in cui l’epoca e la modalità di morte sono imprevedibili.
Epidemiologia
E’ una delle principali cause di morte in tutti i paesi industrializzati, con un indice di sopravvivenza
agli eventi inferiore al 5% in Europa occidentale3.
Circa l’80% degli episodi di morte cardiaca improvvisa sono causati da tachiaritmie ventricolari
maligne, quali la tachicardia ventricolare sostenuta (SVT) e la fibrillazione ventricolare (VF), indotte
da eventi ischemici acuti. La categoria più a rischio è costituita da coloro che hanno già subito un
infarto miocardico.
2. Descrizione, funzionamento e indicazioni
L’ICD è costituito da un generatore impiantato sottocute e da uno o più elettrocateteri posizionati
nelle camere cardiache, in grado di rilevare, interpretare e memorizzare l’attività elettrica intrinseca
del cuore e, all’occorrenza, di erogare stimolazioni (terapia antibradicardica) o shock elettrici
(terapia antitachicardica).
Il defibrillatore cardiaco impiantabile è l’unico device in grado di riconoscere una tachiaritmia
ventricolare maligna e di erogare automaticamente una terapia elettrica immediata in pazienti a
rischio di morte cardiaca improvvisa.
In base alle modalità di stimolazione, si distinguono ICD monocamerali, bicamerali e biventricolari
(ICD tricamerali)4.
I dispositivi monocamerali, i primi entrati in commercio ed ancora in uso, presentano un solo
elettrodo impiantato nel ventricolo destro con funzioni di stimolazione e registrazione
(pacing/sensing) dell’attività di una camera cardiaca.
I bicamerali richiedono l’impianto di due elettrodi uno in atrio ed uno in ventricolo e permettono la
stimolazione, l’analisi e la classificazione del ritmo sia ventricolare che atriale. La presenza di un
elettrocatetere in atrio destro consente di classificare con più precisione i ritmi cardiaci e, in alcuni
modelli, di interrompere anche alcune forme di tachicardia sopraventricolare, quali ad esempio il
flutter atriale.
I vari modelli prodotti dalle diverse ditte si differenziano tra loro sostanzialmente in base alla
programmabilità, ad algoritmi e a parametri di stimolazione e di memorizzazione dei dati.
I biventricolari riuniscono in un unico device un pacemaker biventricolare con un defibrillatore. La
funzione di pacemaker biventricolare si ottiene attraverso l’inserimento di un elettrodo in seno
coronarico in grado di stimolare il ventricolo sinistro. In aggiunta ai 2 elettrodi standard presenti
nell’atrio e ventricolo destri, permette la resincronizzazione atrio-ventricolare e tra ventricolo destro
e ventricolo sinistro, con un miglioramento della funzione contrattile del cuore. Questi ICD trovano
indicazione nella terapia dello scompenso cardiaco congestizio.
3. Terapie Alternative
Nel trattamento a lungo termine delle aritmie ventricolari trova indicazione la terapia farmacologia
con antiaritmici di classe III, in particolar modo l’amiodarone, che risulta in grado di ridurre
frequenza e durata degli episodi aritmici, ma non di interromperli.

4. Evidenze cliniche
Studi clinici pubblicati
In una revisione sistematica di 8 studi multicentrici, randomizzati e controllati il trattamento con ICD
mono e bicamerali è stato indagato e confrontato con la terapia farmacologica antiaritmica,
principalmente con l’amiodarone, nella prevenzione secondaria, ovvero in pazienti con anamnesi
positiva per pregresso arresto cardiaco o per aritmie ventricolari maligne, e nella prevenzione
primaria, in pazienti considerati ad alto rischio di morte improvvisa che non hanno avuto un
documentato evento clinico.
In 4909 pazienti sono stati valutati gli effetti della terapia con ICD sulla mortalità totale, end-point
primario, e sugli indici di morte cardiaca improvvisa5.
La review ha evidenziato che l’impianto di un ICD riduce significativamente la mortalità totale
rispetto alla terapia farmacologica (RR 0.74; IC95 %, 0.67-0.82).
Dall’analisi separata degli studi risulta che nella prevenzione secondaria l’uso degli ICD è
associato ad una significativa riduzione della mortalità totale (di un terzo nei sopravvissuti ad
arresto cardiaco), mentre nella prevenzione primaria i benefici dell’ICD sono risultati strettamente
legati al rischio di base per morte cardiaca improvvisa.
Nei pazienti ad alto rischio che non hanno però ancora avuto un arresto (quali pazienti con
patologia coronarica e grave disfunzione sistolica ventricolare sinistra) la riduzione della mortalità è
risultata simile a quella ottenuta nella prevenzione secondaria.
Non è stato evidenziato nessun impatto significativo sulla mortalità nei pazienti a basso rischio di
morte cardiaca improvvisa, ovvero in pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra ma
senza patologia coronarica o aritmia ventricolare inducibile.
La review ha, inoltre, evidenziato come l’uso di ICD determini una significativa riduzione del rischio
relativo di morte cardiaca improvvisa (RR 0.43; IC95%, 0.35-0.53), sia nella prevenzione primaria
(RR 0.37; IC95%, 0.27-0.50) che nella secondaria (RR 0.50; IC95%, 0.38-0.66).
Non è stata evidenziata alcuna riduzione del rischio di morte non cardiaca (non aritmica) con l’uso
dei defibrillatori impiantabili rispetto alla terapia farmacologica.
Nel 2003 è stata pubblicata su JAMA una metanalisi di quattro studi clinici controllati e
randomizzati (trials CONTAK CD, InSync ICD, MUSTIC e MIRACLE), condotta su un totale di
1634 pazienti per determinare se la terapia di resincronizzazione cardiaca riduca la mortalità
dovuta a scompenso cardiaco progressivo6.
Negli studi i pazienti sono stati randomizzati a ricevere un defibrillatore-cardioverter impiantabile o
un pacemaker in grado di erogare una resincronizzazione cardiaca grazie ad un elettrocatetere in
seno coronarico attivo, oppure solo un ICD o un pacemaker con l’elettrocatetere in seno
coronarico disattivato.
I risultati della metanalisi evidenziano che nei pazienti sintomatici con disfunzione ventricolare
sinistra la resincronizzazione cardiaca riduce la mortalità dovuta a scompenso cardiaco
progressivo del 51% rispetto ai controlli (OR 0.49; IC95%, 0.25 – 0.93).
Viene inoltre evidenziata una riduzione delle ospedalizzazioni dovute a scompenso cardiaco del
29% (OR 0.71; IC95%, 0.53 – 0.96).
Non emerge invece alcun effetto significativo sulla mortalità non dovuta a scompenso cardiaco
(OR 1.15; IC95%, 0.65-2.02).
La riduzione della mortalità da scompenso cardiaco progressivo in pazienti con disfunzione
sintomatica ventricolare sinistra suggerisce che la terapia di resincronizzazione cardiaca possa
avere un sostanziale impatto sul più comune meccanismo di morte tra i pazienti con scompenso
cardiaco avanzato.
Per valutare l’efficacia dell’uso preventivo di ICD biventricolari nel paziente con insufficienza
cardiaca avanzata con severa disfunzione ventricolare sinistra o con cardiomiopatia non ischemica
è stato condotto lo studio multicentrico controllato COMPANION7.
Sono stati arruolati 1520 pazienti con insufficienza cardiaca avanzata, causata da cardiomiopatia
ischemica o non-ischemica, in classe NYHA III o IV e con un intervallo QRS di almeno 120 msec

Continua qui...


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4 Domande di vitale importanza

Pubblicato da webmaster | 06:03


Quando capita di vedere una persona in difficoltà, che accusa un certo malore, dobbiamo porgli 4 domande che consideriamo molto importanti, perchè danno subito un quadro chiaro della situazione clinica del paziente:

1: Salve, come si chiama? Dove siamo?
Non appena riceviamo una risposta da parte del paziente, siamo in grado di capire immediatamente: Vie aeree libere (altrimenti non riuscirebbe a parlare), ha respiro e circolo. In base alla risposta possiamo capire la condizione neurologica

2:Fa fatica a respirare?

ci fa capire se il paziente ha subito un trauma oppure riesce a stento a mantenere il respiro. Anche se la maggior parte delle volte è visibile la difficoltà respiratoria, ci sono casi in cui il segno è silente.

3: Ha dolore?

Ci fa capire se e dove ha subito traumi e quindi ci prepara alla movimentazione o alla messa in sicurezza.

4: Riesce a muovere le braccia e le gambe?

Oltre a farci capire se ha avuto trauma, riusciamo a vedere se ha un ictus in corso.

In ogni modo, se capita di incontrare una persona in difficoltà la PRIMA COSA DA FARE è CHIAMARE IL 118 o il numero di emergenza dello stato dove ci si trova (per accordi europei, il numero di emergenza generica nei paesi della comunità è il 112


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Approccio all'emergenza ALFABETIZZATO

Pubblicato da webmaster | 05:31


Per stabilire le priorità di intervento su un paziente definito "critico", dobbiamo valutare i diversi parametri vitali, seguendo una logica data dall'alfabetizzazione degli interventi.
Questi interventi, sono esclusi a scalare, ovvero bisogna partire a valutare dalla lettera A fino a scendere alla lettera E.
Se rileviamo risposte negative durante la valutazione, ci dobbiamo fermare e ripristinare la funzione mancante.


A: Air ways
(vie aeree)
Valutare la pervietà delle vie aeree e se c'è una ipotetica incapacità a manterle pervie da parte del paziente. valutare allora, Stato di incoscienza, suoni di ostruzione, o segni evidenti di ostruzione

B: Breathe (respiro)
Verificare se c'è apnea (mancanza di respiro spontaneo);Frequenza respiratoria o < di 8 o >di 30 atti al minuto;valutare se la saturazione è < a 90% in ossigenoterapia; valutare se c'è dispnea (retrazione degli spazi costali o respiro non fisiologicamente accettabile)

C: Circolation (circolo)
Valutare se ci sono Emoraggie esterne importanti, stabilire la qualità dei polsi periferici e centrale in consistenza e regolarità,Rilevare la P. Arteriosa,Valutare eventuale cute pallida, sudata o cianotica.

D: Disability (disabilità)
valutare attraverso la Glascow coma score la funzionalità neurologica del paziente

E:Expose (scoprire)
Ovvero, una volta che sono state accertati parametri vitali nella norma e mancanza di criteri di criticità scoprire il paziente e chiedere se e dove è presente il dolore.

Naturalmente la lettera "E" è di solo competenza medica ed infermieristica, quindi non deve essere presa in considerazione da soccorritori "laici" (volontari del soccorso, cittadini con minime conoscenze di soccorso), e sopratutto non deve mai essere fatta in ambiti extraospedalieri.


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Martedì 22 Gennaio 2008
È stato approvato dalla Commissione Sanità del Senato il disegno di legge 1517 “Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni sul territorio", già approvato dalla Camera lo scorso 19 aprile. Ora tornerà alla Camera per un ultimo passaggio.

Durante la seduta è stato anche approvato un Ordine del giorno in cui il governo si impegna, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, ad individuare tutti i luoghi, le strutture e i mezzi di trasporto in cui i defibrillatori dovranno essere presenti.

"Mi auguro che la Camera confermi i contenuti di questa legge rapidamente e senza modifiche. – sottolinea Ignazio Marino, Presidente della Commissione Sanità del Senato - Dobbiamo, infatti, ricordare che ogni anno decine di migliaia di persone colpite da arresto cardiaco muoiono perché non si riesce ad intervenire tempestivamente con la defibrillazione elettrica che, se eseguita entro pochissimi minuti, può salvare la vita del paziente. Questa legge, quindi, contribuirà a garantire maggiore sicurezza ai nostri cittadini che potranno essere soccorsi con la dovuta competenza in caso di necessità, senza il rischio di attendere i soccorsi per un lasso di tempo che spesso può rivelarsi fatale".

Il disegno di legge 1517 contiene nuove norme in materia di utilizzo di defibrillatori automatici in ambiente extraospedaliero individuando i luoghi, le strutture e i mezzi di trasporto nei quali dovrebbe esserne prevista la disponibilità: dagli ambulatori, agli aeroporti, ai treni, ai penitenziari, alle sedi di grandi eventi, fino alle scuole, alle farmacie e molti altri. Il testo approvato prevede, inoltre, che il personale non medico segua dei corsi di formazione e addestramento per poter procedere con la necessaria sicurezza all'uso dei defibrillatori stessi in caso di emergenza.

Una volta approvata, il disegno di legge modificherà la legge 3 aprile 2001, n. 120 che attualmente disciplina l’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero .

..Questo nel 2008, e adesso?

Dove dovranno essere istallati i defibrillatori con relativo personale addestrato?

La nuova legge voluta dall' On. Di Virgilio (FI), introdurrà importanti novità, tra le quali l'obbligo di detenere gli apparecchi defibrillatori (DAE) in molti luoghi, strutture e mezzi:

Mezzi di soccorso sanitario

Poliambulatori dei Servizio sanitario nazionale

Ambulatori di medici di medicina generale convenzionati

Strutture socio-sanitarie autorizzate

Grandi scali e mezzi di trasporti aerei, ferroviari e marittimi

Istituti penitenziari

Istituti penali per i minori e centri di permanenza temporanea e assistenza

Strutture e sedi di grandi avvenimenti socio-culturali

Grandi strutture commerciali e industriali

Luoghi in cui si pratica attività ricreativa, ludica o sportiva, agonistica e
non agonistica anche a livello dilettantistico

Strutture scolastiche e universitarie

Farmacie


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EROI per un giorno. Questa volta gli angeli custodi non indossano i panni dei soccorritori del 118, che per mestiere salvano la vita alle persone. No, questa volta gli assoluti protagonisti sono una guardia giurata, a due mesi dalla pensione, e due dipendenti dell’ipercoop Il Castello i quali, con enorme sangue freddo, utilizzando un defibrillatore hanno salvato la vita ad un uomo di 52 anni che ieri mattina mentre faceva la spesa è stato colto da infarto. «Ora sta bene — rassicurano dall’ospedale Sant’Anna — ma se non fosse state per quelle tre persone sicuramente il paziente avrebbe avuto un destino molto diverso».

TRE ANGELI Partiamo dall’inizio, dalle 8.45 di un venerdì come tanti. Il centro commerciale ha appena aperto le porte, la gente comincia a prenderlo d’assalto. Tra i primi ci sono due signorotti di mezza età, uno di questi ha 52 anni, rumeno. Parlano, ridono, scherzano. Tutto va bene. Ma arrivati al reparto macelleria l’uomo sente una fitta al petto, fortissima. Perde i sensi e stramazza sul pavimento sotto gli occhi dell’amico. «Ci hanno chiamato immediatamente — racconta Marika Zanotti, 34 anni capo reparto ortofrutta e ieri mattina referente dell’emergenza sanitaria dell’iper insieme al collega Paolo Gabrielli, 47 anni manager marketing —, sul posto c’era già Cesare (Bottoni, guardia giurata Coopservice, ndr) alle prese con il massaggio cardiaco. Paolo è corso con il defibrillatore, quel signore era viola in volto, aveva perso i sensi. Gli abbiamo applicato lo strumento e dato una prima scarica elettrica». In quel momento il 52enne si riprende, apre gli occhi, ma respira a fatica. «Abbiamo continuato con il massaggio cardiaco — dice ancora Marika — e con una seconda scarica. Lui ci guardava e voleva alzarsi. Poi per fortuna sono arrivati i ragazzi del 118». Ora il paziente si trova ricoverato in Cardiologia al Sant’Anna, sta meglio e se non subentreranno complicazioni verrà dimesso tra pochi giorni. «La nostra paura più grande sul momento — aggiunge Paolo Gabrielli — era di non aver fatto bene quell’intervento. Quando i dottori ci hanno riferito che quel signore stava meglio per tutti noi è stato un sollievo».

CORSO I tre ‘laici’ soccorritori fanno parte delle circa 100 persone, dipendenti del centro commerciale, addestrate dal personale 118 al corso di rianimazione cardiopolmonare mirato all’uso del defibrillatore (defibrillazione precoce). Il tutto fa parte del progetto Tempo è vita, coordinato dal primario dell’Unità operativa di pronto soccorso del Sant’Anna, Maurizio Bigoni, e che ha come responsabile dell’area ferrarese il dottor Ruggero Osnato. «Ogni anno — dice quest’ultimo — abbiamo un arresto cardiaco ogni 1000 abitanti. Quello che hanno fatto oggi (ieri, ndr) queste tre persone è una cosa grandiosa e fondamentale perché servirà a dare un messaggio di fiducia a tutta la cittadinanza. Oggi morire per un disturbo elettrico, che può essere guarito con una sola scarica, è una cosa inconcepibile. Ci sono 5’ di tempo per consentire alla scarica di far ripartire il cuore e per questo è di primaria importanza avere un defibrillatore nelle vicinanze. Senza l’intervento immediato dei tre quel paziente avrebbe avuto un altissima percentuale di non farcela».

17 MACCHINE Sono 17 i defibrillatori distribuiti (grazie al contributo della Fondazione Carife) in città,tra le forze dell’ordine, le farmacie, i vigili del fuoco, l’ipercoop, quest’ultima tra le prime ad aderire al progetto. «Non c’è nulla di improvvisato — chiude Osnato —, dietro a tutto ciò c’è un’azienda sanitaria molto organizzata che durante l’evento sa esattamente cosa fare». E che oggi potrà contare ancora più su ‘sanitari’ esterni.


di NICOLA BIANCHI


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Chi salva un bambino... salva il mondo intero

Pubblicato da webmaster | 05:45




E' importantissimo conoscere non solo la rianimazione per adulti, ma anche quella pediatrica, perchè varia dal lattante fino al bambino quasi adulto. Molto interessante risulta questo sito perchè fornisce adeguate informazioni su come e dove formarsi al meglio per la RIANIMAZIONE PEDIATRICA

Clicca qui:

PBLS che passione!


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IL DAE più facile da usare: LIFEPAK® CR Plus

Pubblicato da webmaster | 02:33




Se foste testimoni di un arresto cardiaco improvviso, vorreste sicuramente poter aiutare. Tuttavia, la rianimazione cardiopolmonare da sola non è sufficiente; la defibrillazione, infatti, rappresenta l’unica pratica efficace in caso di arresto cardiaco improvviso.

Medtronic, leader mondiale nella tecnologia medica ha sviluppato il defibrillatore LIFEPAK® CRPlus specificamente per i soccorritori non professionisti. Tale dispositivo è destinato ai soccorritori poco qualificati e con poca pratica ed è altresì adatto, grazie alle sue modalità d’uso intuitive, ai casi di pronto intervento in cui ogni secondo risulta prezioso. Con LIFEAPK® CRPlus tutti possono salvare vite: è semplice.


CRPlus offre la stessa qualità e tecnologica dei dispositivi della linea professionale LIFEPAK®, acquistati da tutti i servizi di pronto intervento del mondo. Con il suo design compatto, un peso piuma e la tecnologia bifasica ADAPTIV™, CRPlus soddisfa i requisiti di qualità e prestazione di tutti i prodotti LIFEPAK®.

CRPlus è disponibile nella versione automatica e semiautomatica. Nel caso della versione semiautomatica, è necessario aprire il dispositivo ed applicarvi gli elettrodi. L’apparecchio analizza la frequenza cardiaca, invitando l’utente a premere un tasto in caso di necessità di shock.

LIFEPAK® CRPlus è il primo DAE interamente automatico. Sul torace del paziente va applicato unicamente l’elettrodo adesivo; tutto il resto viene eseguito automaticamente dal CRPlus e il soccorritore può così concentrarsi sugli aspetti essenziali dell’intervento, quali la rianimazione cardiopolmonare.


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Una guida per la rianimazione cardiopolmonare

Pubblicato da webmaster | 13:02


Il nostro sistema sanitario e gli organi preposti dovrebbero, ma ancora non rispondono con la dovuta serietà, organizzare dei corsi dedicati alla POPOLAZIONE, che dia a TUTTI I CITTADINI le nozioni base per affrontare un corretto ed efficiente intervento nell'attesa dei soccorsi paramedici e medici del caso.

L'ARRESTO CARDIACO è uno dei casi in cui l'attesa del 118 senza attuare un primo soccorso adeguato e tempestivo riduce moltissimo la possibilità di recuperare le funzioni vitali della persona colpita da arresto cardiaco da parte dei soccorritori.

Dopo 4/5 minuti di arresto cardiorespiratorio cominciano i danni al cervello.
DOPO 10 MINUTI I DANNI AL CERVELLO SONO IRREVERSIBILI
Ecco perchè è importante che più gente possibile sia in grado di riconoscere un arresto cardiaco e sia in grado di iniziare immediatamente le manovre rianimatorie.

Vorrei ricordare che una persona con un arresto cardiaco è una persona che ha tutte le funzioni vitali già compromesse e che quindi STA MORENDO!

Va da sè, che il minimo che possiate fare è CERCARE DI RIPORTARLI IN VITA...

Cliccate qui per imparare nella teoria una Rianimazione Cardio polmonare.

PS: consiglio a tutte le persone di rivolgersi ad una delle pubbliche assistenze, o Croce Rossa o Protezione civile del vostro paese e farvi spiegare come si fa un massaggio cardiaco....A volte non è necessario essere medici o infermieri per salvare la vita a qualcuno.


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Si è svolto questa mattina il convegno nazionale “Conoscere per salvare. Le emergenze cardiache nel luogo di lavoro”, promosso da Rimincuore D, il percorso di prevenzione cardiologica dell’A.Usl di Rimini, guidato dal dottor Antonio Destro, col patrocinio di Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini, Conacuore, Ascor e Irc e con la sponsorizzazione della Gros Rimini che offre sede e buffet. Convegno puntato sull’opportunità di inserire defibrillatori automatici nei posti di lavoro al fine di intervenire celermente e salvare gli operatori in caso di scompenso cardiaco. Un opportunità che, nella realtà riminese, sarebbe ancor più significativa giacchè tra le attività lavorative vi sarebbero anche quelle turistiche, e in tal caso la presenza del defibrillatore sarebbe una sicurezza in più anche per i clienti.

I lavori (svoltosi al Gross di Rimini che ha offerto la propria ospitalità all’evento) si sono aperti coi saluti del Direttore Generale dell’A.Usl di Rimini Marcello Tonini, del dottor Ferdinando Rossi (Presidente dell’Ascor) e delle autorità locali, tra cui il consigliere regionale Roberto Piva (commissione Sanità dell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna). Quindi l’introduzione del dottor Antonio Destro, il responsabile del programma di defibrillazione precoce riminese. Hanno partecipato, tra gli altri, il dottor Bruno Papaleo (Dipartimento Medicina del Lavoro dell’Ispesl), il dottor Giancarlo Piovaccari (Direttore del Dipartimento di Malattie Cardiovascolari dell’A.Usl di Rimini), il dottor Amedeo Corsi (Primario del 118-Rianimazione dell’A.Usl di Rimini), la dottoressa Giovanna Cangiano (Dipartimento Medicina del Lavoro dell’Ispesl), il dottor Francesco Toni (Direttore del Dipartimento di Salute Pubblica dell’A.Usl), il dottor Loris Fabbri (direttore dell’Unità Operativa Medicina del Lavoro dell’A.Usl di Rimini), i vertici dell’amministrazione comunale, dell’Inail e delle associazioni di categoria.

Nel pomeriggio si è svolto un corso di Blsd (primo soccorso cardiologico) per 40 iscritti. Nel corso, gratuito, si insegna a riconoscere le situazioni di emergenza cardiaca, a dare correttamente l’allarme, a praticare le prime manovre di soccorso, e ad usare correttamente il defibrillatore semiautomatico Dae. Al termine i partecipanti riceveranno un tesserino dell’A.Usl di Rimini che abilita all’utilizzo del defibrillatore semiautomatico.


A queste ultime il dottor Destro ha rivolto un caldo invito a prendere in seria considerazione l’ipotesi di farsi parte diligente, presso i propri associati, rispetto all’aquisizione di defibrillatori e alla formazione di personale per il loro utilizzo: “Si tratta di una spesa ormai bassa – ha spiegato il medico riminese – e potrebbe essere davvero utile per salvare una vita. Di un dipendente o magari, in caso di attività turistica, di un cliente. In varie realtà turistiche questo accade già. A Rimini forse si potrebbe fare un po’ di più”. Il convegno di stamane aveva, tra l’altro, anche lo scopo di sensibilizzare le parti sociali rispetto a tale ipotesi. Anche perché, è emerso nel corso dei lavori, eventuali normative che prevedano in maniera stringente la dotazione di defibrillatori è in discussione in Parlamento e gli esperti non prevedono tempi brevissimi.

“A onor del vero – ha detto Destro – vi sono ditte che già dispongono di questi dispositivi, e soprattutto di personale abilitato ma sono poche. Noi puntiamo a fare corsi nelle scuole, perché ci piacerebbe che tutte le persone, quando escono dalla scuola, siano in grado di utilizzare il defibrillatore. Per questo ringraziamo l’associazione Ascor che ha recentemente regalato, ad un istituto superiore riminese, il materiale necessario, tra cui manichini, per formare gli studenti. Un plauso anche al Comune che ha disposto defibrillatori in tutte le strutture sportive di sua competenza”.

Il dottor Piovaccari ha sottolineato in particolare che la capillarizzazione della presenza di defibrillatori sul territorio, e di persone abilitate ad usarli, è davvero fondamentale per intervenire in quei primi cinque minuti che consentono al ripresa completa della persona infartuata; anche perché difficilmente le ambulanze, per forza di cose, riescono ad arrivare entro quei primi cinque minuti.
A cura di newsrimini.it


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L'ipotermia come 5° anello nella BLSD

Pubblicato da webmaster | 07:36


isogna dar tempo ai reparti di medicina d'urgenza di dotarsi dell'attrezzatura che occorre, ma quando l'avranno acquisita, le persone che si riprendono da un arresto cardiaco avranno una prognosi migliore di quella odierna. E' stato dimostrato, infatti, che se i risuscitati vengono sottoposti a raffreddamento per alcune ore, il loro cervello può essere preservato dai danni che seguono l'arresto del cuore. Vale a dire che l'ipotermia riduce il rischio che questi pazienti debbano sopravvivere gravemente neurolesi. L'idea non è nuova, soprattutto a livello sperimentale, ma è stata di recente verificata da due studi clinici condotti ai due estremi del globo: in Europa e in Australia.

Le statistiche documentano che ogni anno in Europa sono 375.000 le persone colpite da arresto improvviso dell'attività cardiaca, generalmente per fibrillazione ventricolare. Una parte di costoro (la percentuale varia da meno del 5 al 35 per cento a seconda delle circostanze in cui si verifica l'arresto) viene rapidamente rianimata. A ripresa stabilizzata, peraltro, si constata spesso che i salvati hanno subito danni cerebrali irreversibili. Complessivamente, il 10-30 per cento di coloro che sopravvivono rimane gravemente invalidato.

In passato si pensava che i danni fossero provocati direttamente dall'anossia. Più tardi si è capito che questa non uccide così rapidamente le cellule cerebrali, ma ne altera i meccanismi funzionali, riducendone l'efficienza. Sicché, appena la perfusione si ristabilisce, il metabolismo cellulare si riattiva in maniera anormale tanto da sortire effetti catastrofici: è nelle ore e nei giorni che seguono l'arresto che le cellule vanno in necrosi. Ciò avviene attraverso una serie di passaggi potenzialmente reversibili: spostamento degli ioni calcio da uno all'altro compartimento cellulare, perossidazione dei lipidi e altre reazioni che coinvolgono i radicali liberi, fenomeni di citotossicità, alterazioni del DNA e infiammazione.

Nessun farmaco si è rivelato capace di fermare questo deterioramento progressivo; il quale, viceversa, può essere contrastato da un abbassamento della temperatura tale da rallentare le attività metaboliche (può fornire un ordine di grandezza la nozione che ogni grado centigrado in meno rallenta il metabolismo dell'otto per cento). I primi studi sull'ipotermia risalgono a molti anni fa, quando i primi cardiochirurghi andarono alla ricerca di un sistema per fermare il cuore, ma poi vennero accantonati per due o tre decenni. All'inizio degli anni novanta furono ripresi da Peter Safar, dell'Università di Pittsburgh, che studiò a fondo, in modelli animali, le reazioni dell'organismo all'abbassamento della temperatura. Vide innanzitutto che il raffreddamento deve essere instaurato lentamente, per non evocare brividi, termogenesi e scariche di catecolamine; deve essere contenuto entro limiti precisi, per non indurre aritmie ovvero coagulopatia e infezioni devastanti.

Safar elaborò uno schema operativo per raffreddare il corpo a 33-36°C che sperimentò nel cane. La sua terapia ipotermica permetteva di superare un arresto circolatorio completo di 10-12 minuti, seguito da riperfusione: al termine del trattamento, il cervello funzionava normalmente e appariva perfetto all'esame istologico. Gli esiti del trattamento ipotermico sono stati successivamente verificati, sempre in laboratorio, anche sulle cellule dell'ippocampo, sensibilissime all'ipossia.

Fino a oggi gli studi clinici nell'uomo sono stati per lo più retrospettivi e non controllati. Ma lo scorso febbraio il New England Journal of Medicine ha pubblicato due studi randomizzati e controllati che hanno valutato gli effetti del trattamento ipotermico sugli esiti neurologici, sulla mortalità e sulle complicanze dell'arresto cardiaco. Gli autori: Stephen Bernard dell'Ospedale di Dandenong e i suoi colleghi australiani e Michael Holzer della Universitätklinik für Notfallmedizin di Vienna e i collaboratori del Hypothermia after Cardiac Arrest Study Group, appartenenti a cinque diversi paesi europei.

I primi hanno sottoposto a ipotermia (33°C) la metà di 77 pazienti che erano stati colpiti da arresto cardiaco per la strada e che, dopo defibrillazione, erano rimasti in coma. I secondi hanno trattato con ipotermia (32-34°C) la metà di 136 soggetti che si erano ripresi da un arresto cardiaco protratto (in media per 21 minuti). In entrambi gli studi, l'altra metà dei pazienti è stata trattata come d'uso, in ambiente normotermico. Al termine del ricovero ospedaliero è sopravvissuto senza gravi deficit neurologici il 49 per cento degli ipotermizzati australiani e il 56 per cento di quelli europei, in contrasto con il 26 e il 39 per cento dei rispettivi controlli. Si deve aggiungere che a distanza di 6 mesi, fra gli europei è risultato vivo il 59 per cento dei trattati contro il 45 per cento dei controlli e che i primi non hanno riportato complicazioni a causa del raffreddamento.

L'ipotermia ha dunque dato importanti vantaggi in ambedue gli studi, che pure sono stati condotti secondo procedure differenti: previa curarizzazione (per evitare i brividi), i pazienti sono stati raffreddati con applicazione di ghiaccio da Bernard e con getti d'aria fredda da Holzer; il primo ha poi protratto l'ipotermia per 12 ore, il secondo per 24; nel gruppo australiano il processo di raffreddamento è stato iniziato 30 minuti (valore mediano) dopo la ripresa del battito ed è stato protratto per circa tre ore, nel gruppo europeo è stato instaurato dopo 105 minuti e prolungato per otto ore. Se ne deduce che il raffreddamento deve essere iniziato appena possibile, ma funziona anche se è relativamente tardivo e se impiega più tempo a raggiungere il valore desiderato.

Secondo gli autori la sperimentazione clinica della terapia ipotermica potrebbe essere effettuata non solo in caso di arresto cardiaco, ma anche in molte altre condizioni: ictus ischemico, lesioni traumatiche del cervello e del midollo, shock emorragico e, forse, nello shock settico e nell'infarto miocardico.

Massimo Obbiassi


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